domenica 26 ottobre 2008

L'Ilva di Taranto è un tumorificio legalizzato







Segue un articolo del Corriere.it http://www.corriere.it/cronache/08_ottobre_21/fumo_diossina_3e4495ce-9f40-11dd-b0d4-00144f02aabc.shtml

A 13 ANNI HA IL TUMORE DA FUMO. «E' LA DIOSSINA»

Il medico: mai visto un caso così. Industrie, Taranto città più inquinata dell'Europa occidentale.
Tre mamme con il latte contaminato, cinque adulti con il livello più alto del mondo, 1.200 pecore da abbattere

DAL NOSTRO INVIATO
TARANTO — Tre anni fa, S. aveva 10 anni. E senza aver mai fumato una sigaretta in vita sua era già conciato come un fumatore incallito. Un caso simile, Patrizio Mazza, primario di ematologia all'ospedale «Moscati» di Taranto, non l'aveva mai visto. E nemmeno la letteratura medica internazionale lo contempla. Anche a cercare su Internet, la risposta è negativa: « No items found ». Per questo, Mazza temeva di avere sbagliato diagnosi. Invece no. Quel bimbo aveva proprio un cancro da fumatore: adenocarcinoma del rinofaringe. Come tanti altri tarantini, specie quelli del Tamburi, «il quartiere dei morti viventi».


A Bruxelles forse ancora non lo sanno, ma Taranto è la città più inquinata d'Italia e dell'Europa occidentale per i veleni delle industrie. L'inquinamento di Taranto, infatti, è di fonte civile solo per il 7%. Tutto il resto, il 93%, è di origine industriale. A Taranto, ognuno dei duecentomila abitanti, ogni anno, respira 2,7 tonnellate di ossido di carbonio e 57,7 tonnellate di anidride carbonica. Gli ultimi dati stimati dall'Ines (Inventario nazionale delle emissioni e loro sorgenti) sono spietati. Taranto è come la cinese Linfen, chiamata «Toxic Linfen», e la romena Copša Miça, le più inquinate del mondo per le emissioni industriali.


Ma a Taranto c'è qualcosa di più subdolo. A Taranto c'è la diossina. Qui si produce il 92% della diossina italiana e l'8,8% di quella europea. «In dieci anni — dice Mazza — leucemie, mielomi e linfomi sono aumentati del 30-40%. La diossina danneggia il Dna e un caso come quello di S. è un codice rosso sicuramente collegato alla presenza di diossina. Se nei genitori c'è un danno genotossico non è in loro che quel danno emerge, ma nei figli».


Tre mamme il cui latte risulta contaminato dalla diossina, cinque adulti che scoprono di avere il livello di contaminazione da diossina più alto del mondo, 1.200 pecore e capre di cui la Regione Puglia ordina l'abbattimento, forti sospetti di contaminazione nel raggio di 10 chilometri dal polo industriale (con i monitoraggi sospesi perché sempre «positivi ») sono, più che un allarme, una emergenza nazionale. La diossina si accumula nel tempo e a Taranto ce n'è per 9 chili, il triplo di Seveso (la città contaminata nel 1976). Ma sono sette le sostanze cancerogene e teratogene che, con la diossina, colpiscono Taranto come sette piaghe bibliche.


Mentre però a Bruxelles e a Roma (e a Bari, sede della Regione) si discute, Taranto viene espugnata dalla diossina. Basta dare un'occhiata, oltre che ai dati Ines, ai limiti di emissione, il cuore del problema. Il limite europeo è di 0,4 nanogrammi per metro cubo. Quello italiano, di 100 nanogrammi. «Un vestito su misura per l'Ilva di Emilio Riva», dicono le associazioni ambientaliste. «Siamo in regola e abbiamo anche investito 450 milioni di euro per migliorare gli impianti», replica l'Ilva, che l'anno scorso ha realizzato utili per 878 milioni, 182 milioni in più dell'anno prima e il doppio del 2005.


L'Europa però è dal 1996 che ha fissato il limite di 0,4 nanogrammi. L'Inghilterra, per esempio, si è adeguata. E la Germania ha fatto ancora meglio: 0,1 nanogrammi, lo stesso limite previsto per gli inceneritori.


Nel 2006, Ilva e Regione Puglia hanno anche firmato un protocollo d'intesa, ma con scarsi risultati. La «campagna di ambientalizzazione» procede a rilento e sembra che l'Ilva intenda concluderla nel 2014, proprio quando scadrà il Protocollo di Aarhus, recepito anche dall'Italia, che impone ai Paesi membri di adottare le migliori tecnologie per portare le emissioni a 0,4-0,2 nanogrammi.


Eppure a Servola, Trieste, acciaierie «Lucchini», per risolvere il problema è bastato un decreto del dirigente regionale Ambiente e Lavori pubblici, che ha imposto al siderurgico, pena la chiusura, di rispettare i limiti europei. In due anni, grazie anche alle pressioni della confinante Austria, il miracolo: dalla maglia nera, in tandem con Taranto, Servola è diventata un centro di eccellenza, con la diossina abbattuta fino al teutonico limite di 0,1 nanogrammi.


Certo, con una legge regionale, o con un decreto come quello friulano, si eviterebbe anche il referendum sull'Ilva, giudicato ammissibile dal Tar di Lecce e sicura fonte di drammatiche spaccature fra i 13 mila dipendenti del siderurgico.
Invece c'è soltanto una delibera del consiglio comunale di Taranto che chiede timidamente alla Regione «di fare come in Friuli».
Ma la Puglia non confina con l'Austria. Al di là del mare, c'è l'Albania.

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Inoltre:
corre voce che l'Ilva ha promesso l'assunzione di 1000 persone residenti nei quartieri limitrofi di Tamburi e Paolo VI. Naturalmente, come al solito, non è nulla di ufficiale, tutto resta nel vago.
Il fatto grave è che vogliono "comprarsi" il beneplacido dei cittadini più esposti all'inquinamento.
Paradossalmente, la crisi (eterna) del nostro territorio viene usata strumentalmente per procurare vantaggi all'azienda.

Visto che l'Ilva è rimasta l'unica "risorsa" del territorio, ho il sopetto che si stia usando una specie di strategia da multinazionale in Africa che consiste nel ridimensionare tutta l'economia locale per non lasciare nessuna laternativa al di fuori dell'azienda in questione con l'intento di assoggettare uomini e territorio al loro potere.
La crisi è un'arma di ricatto. Si impone un out-out molto sottile perchè mascherato da benefattori che danno lavoro, che sono una "ricchezza per il territorio" quando in realtà è il territorio -depresso- e la gente -alla fame- ad essere una risorsa per l'azienda.
Insomma, per sfruttare al massimo popolo e territorio l'Ilva usa uno stratagemma antico ma in chiave moderna che funziona sempre: il cancro e la carota.

venerdì 24 ottobre 2008

Videomania

E' scoppiata la mania dei video amatoriali in rete. Ormai proliferano piccoli e grandi YouTube a caccia di filmati. Ognuno vuole avere la "sua" televisione personale come avevo previsto ed era facile prevedere.
Il PD ha da poco inaugurato la "televisione di partito" //beta.youdem.tv/ fatta dai cittadini dove mi sono iscritto come FrancescoM. Anche Oliviero Diliberto ha annunciato che i comunisti avranno prossimamente la loro TV su internet. E ci sono altri esempi come http://www.tbtv.it/homepage.xsp
Qualcuno dice che c'è la possibilità di guadagnare €10 a video... Urca! ma, obiettivamente, i miei video valgono di più.
Di seguito ripropongo i miei video che ritengo più interessanti. Lo so, c'è chi si chiede come mai non ho prodotto altro materiale: lo farò non appena riuscirò a rimettermi in sesto. Sto anche "lavorando" (apro la parentesi per chiarire che facendo una attività che si può paragonare al minatore, non posso avere una freschezza celebrale costante che mi permette di affrontare temi impegnativi come quelli che mi sono proposto. Pertanto, i tempi di produzione risultano più lenti) sulla IV e V lezione che riguarda "lo scontro generazionale" -e questo sarebbe il periodo migliore per postarli- e la VI su "l'evoluzione della religiosità" o qualcosa del genere.

Il governo è caduto per almeno 3 motivi



Mangio la tessera elettorale in segno di protesta per il trasferimento del giudice Forleo



Auguri di natale a Buttiglione



Auguri di natale a Berlusconi



Facciamo il partito della rete

mercoledì 15 ottobre 2008

Il santo laico Roberto Saviano



"Andrò via dall'Italia, almeno per un breve periodo e poi si vedrà. Penso di aver diritto a una pausa. Ho pensato, in questo tempo, che cedere alla tentazione di indietreggiare non fosse una gran buona idea, non fosse soprattutto intelligente. Ho creduto che fosse assai stupido -oltre che indecente- rinunciare a se stessi, lasciarsi piegare da uomini di niente, gente che disprezzi per quel che pensa, per come agisce, per come vive, per quel che è nella più intima delle fibre ma, in questo momento, non vedo alcuna ragione per ostinarsi a vivere in questo modo, come prigioniero di me stesso, del mio libro, del mio successo. Fanculo il successo. Voglio una vita, ecco. Voglio una casa. Voglio innamorarmi, bere una birra in pubblico, andare in libreria e scegliermi un libro leggendo la quarta di copertina. Voglio passeggiare, prendere il sole, camminare sotto la pioggia, incontrare senza paura e senza spaventarla mia madre. Voglio avere intorno i miei amici e poter ridere e non dover parlare di me, sempre di me come se fossi un malato terminale e loro fossero alle prese con una visita noiosa eppure inevitabile. Cazzo, ho soltanto ventotto anni! E voglio ancora scrivere, scrivere, scrivere perché è quella la mia passione e la mia resistenza e io, per scrivere, ho bisogno di affondare le mani nella realtà, strofinarmela addosso, sentirne l'odore e il sudore e non vivere, come sterilizzato in una camera iperbarica, dentro una caserma dei carabinieri -oggi qui, domani lontano duecento chilometri- spostato come un pacco senza sapere che cosa è successo o può succedere. In uno stato di smarrimento e precarietà perenni che mi impediscono di pensare, di riflettere, di concentrarmi, quale che sia la cosa da fare. A volte mi sorprendo a pensare queste parole: rivoglio indietro la mia vita. Me le ripeto una a una, silenziosamente, tra me."

Tratto da un quotidiano di oggi

giovedì 9 ottobre 2008

Dal blog di Beppe Grillo



"Certo che per i sacerdoti del "libero mercato" e del "più mercato meno stato" e del "meno tasse per tutti", è un bel momento.Per i leghisti che ancora starnazzano sul federalismo fiscale, con i comuni che dovranno rimettere i vespasiani per tassare, come fece a suo tempo l'omonimo imperatore, anche l'urina. Con lo stato che si è accollato i debiti Alitalia per regalare il poco di buono rimasto ai "bravi imprenditori italiani" che hanno razziato in patria e in altri sfortunati paesi. Per non parlare delle agevolazioni al vaticano, alle scuole e sanità privata, ai "regali agli amici". Di sicuro c'è meno stato, quello sociale, per l'assistenza, la scuola, la sicurezza, il lavoro.Ma c'è "più stato", ossia più soldi nostri, per salvare il culo a chi soldi ne ha già, e tanti.Ci tengono per la collottola con la paura. Paura della perdita del lavoro: vallo a dire a chi non l'ha mai avuto e ai precari. Con la paura della recessione: sono anni che siamo in recessione e che le famiglie non ce la fanno ad arrivare a fine mese. Con la paura dell'immigrato brutto sporco e cattivo: siate allegri, se polizia e vigili urbani pestano loro magari non pestano noi anche se abbiamo appena rapinato una vecchietta. Insomma, che che ne dica Grillo, è un'altra messa nel sedere con il consenso generale.Già mi sembra di sentirle le solite vocine querule: "ma che possiamo fare? Tanto non cambia niente!". E certo che non cambierà mai niente in un paese abitato in buona parte da omuncoli e quaquaraqqua, piagnuccolosi e servi, bravi ad essere prepotenti con quelli più sfortunati e zerbini con il primo millantatore impomatato che passa. Però,se mai, per caso,ma proprio per puro caso, quasi per uno scherzo del destino,capitasse di agire,ci si ricordi che la prima cosa da occupare, prima ancora delle televisioni distruttrici di neuroni cerebrali, sono le banche. Per rifondare uno stato si comincia dai soldi, dall'economia, dalla cultura, e non dalle parole rassicuranti e vane dei vanesi."
Maria G.