sabato 22 novembre 2008

Lo scontro generazionale (IV)

Prima di arrivare all'oscuro e indecifrabile '68 si dovrebbe fare qualche passo indietro per il famoso meccanismo che ad ogni azione corrisponde una reazione.
In primo luogo è bene considerare i due conflitti mondiali come un unico grande evento. Nessuno ha preso in considerazione che il ventennio 1918-38 altro non fu che una lunghissima tregua fisiologica. Infatti, dopo il primo conflitto ci furono milioni di morti: con quali uomini ci si poteva continuare a scannare in Europa?
Tanto è vero che in Inghilterra ci fu il fenomeno -subito dopo la Grande guerra- di sistemare tutte quelle donne rimaste vedove o senza compagno o senza la possibilità di maritarsi, dato che le femmine superavano di gran lunga il numero degli uomini in circolazione.
Ebbene, si aspettò esattamente un ventennio, il tempo di rigenerarsi, ricaricare le forze, per poter nuovamente tornare finalmente ad ammazzarsi nella seconda guerra mondiale.
Il nostro ventennio fascista promuoveva, non a caso, le famiglie numerose. Senza tanti preamboli il governo fascista favoriva e chiedeva figli maschi per rimpolpare l'esercito. Quelle politiche ebbero successo. Avere tanti figli equivaleva ad avere aiuti di stato - non come oggi che le donne incinta vengono immediatamente licenziate e questo la dice lunga sull'influenza della chiesa cattolica nella vita politica pubblica tutta incentrata a garantire tornaconti di casta senza "interessarsi", visto che ha la faccia tosta di ammetterlo, dei problemi reali della gente.

Il '68, secondo il mio punto di vista, segue la scia, non ha caratteristiche violente visto che gli squilibri erano risolti e gli squilibrati erano morti o si erano assuefatti alla realtà.
Le generazioni nate prima, durante e dopo la seconda guerra mondiale soffrivano (e soffrono), una volta arrivate alla maturità, di un forte risentimento verso i padri e coloro che rappresentano autorità e disciplina.
Da un lato c'era la generazione che aveva vissuto la guerra con tutti i disagi disumani che essa comporta, e dall'altro c'era la generazione "nata nella miseria" ('40, '50) -non scordiamoci quanto l'infanzia influisce nella formazione dell'individuo adulto- ma vissuta nell'abbondanza degli anni sessanta. Tali movimenti avvenivano in varie parti del mondo quasi all'unisono perché varie parti del mondo furono interessate direttamente e indirettamente alle crisi militari succedutesi nella prima metà del '900.

Si verificò così un contrasto familiare fra i padri che raccomandavano e ammonivano i giovani ad avere una condotta di vita all'insegna del sacrificio, il risparmio, l'austerità, ecc. tutti consigli utili in caso di crisi militare-economica, ma che negli anni del boom erano molto fuori luogo. E un contrasto interiore fra un passato di infanzia inspiegabilmente magro e un presente inaspettatamente opulento.
Mangia tutto e lascia il piatto pulito, non farti le seghe che diventi cieco. Nell'era della crescita economica e delle minigonne tutti quei divieti e lacci che imbrigliavano i figli dei reduci non potevano trovare riscontro. Da qui il bisogno di liberarsi da genitori oppressivi da un lato e dalle privazioni dell'infanzia, inscenando delle rivolte sostanzialmente all'insegna del vago che hanno caratterizzato la fine degli anni sessanta.

Non si spiega altrimenti perché quelle generazioni che inneggiavano alla pace, alla libertà e tutti gli ideali indefiniti a cui si richiamavano, oggi quelle stesse generazioni governano il mondo spinte da un unico pulpito: la Libertà assoluta nel saccheggiare il pianeta. Una libertà fine a se stessa, un bisogno di svincolarsi da qualsiasi regola restrittiva per paura di rivivere gli shock patiti nell'infanzia.



Età della miseria




Età dell'abbondanza

Nessun commento: