mercoledì 21 ottobre 2009

Le trattative tra mafia e Forza Italia ci sono state... chi l'avrebbe mai detto??




Adesso mi chiedo come mai solo dopo 17 anni vengono fuori queste notizie "risapute" da tutti? Se è vero che il "clima" è cambiato e Obama col Vaticano hanno deciso di cambiare registro, dobbiamo esserne grati o è forse meglio tenerci ciò che abbiamo? Chi metteranno al loro posto per continuare a fare gli interessi di poteri extraterritoriali?
Per dare un'idea del nostro stato di oppressione aggiungo questo link.


"Clamorose, ma fino a un certo punto, le ultime rivelazioni del pentito Giovanni Brusca raccolte in verbali finora rimasti inediti e che saranno pubblicati dall'Espresso che continua la sua inchiesta dopo aver pubblicato per primo il papello della trattativa Stato-Mafia: il boss di Cosa Nostra Totò Riina disse che "il nostro referente nella trattativa era il ministro Mancino. Ma dopo l'arresto del padrino, i boss puntarono su Forza Italia e Silvio Berlusconi.
Brusca racconta che alla vigilia di Natale del 1992, Riina aveva convocato i più importanti boss mafiosi ed era euforico: "Si sono fatti avanti" diceva ai convenuti tra cui proprio Brusca. Il riferimento è al fatto che lo Stato aveva accettato di aprire la trattativa con la mafia dopo le stragi di Capaci e via D'Amelio. "Ho avuto un messaggio. Viene da Mancino (ex Ministro degli Interni ora vicepresidente del Csm ndr.)". Era l'avvio della trattativa e la prima redazione del papello.

Il politico che avrebbe "coperto" inizialmente la trattativa fra mafia e Stato. Il tramite sarebbe stato l'ex sindaco mafioso di Palermo, Vito Ciancimino, attraverso l'allora colonnello Mario Mori e il capitano Giuseppe De Donno. L'ex responsabile del Viminale ha sempre smentito. Comunque, stando alle parole di Brusca, mediata da Bernardo Provenzano attraverso Ciancimino, arriva la risposta al "papello", le cui richieste iniziali allo Stato erano apparse pretese impossibili anche allo zio Binu.

E qui le indagini si arricchiscono dei particolari rivelati dal neo pentito Gaspare Spatuzza il quale ricorda il collegamento fra alcuni boss e Marcello dell'Utri (il senatore del Pdl, condannato in primo grado a nove anni per concorso esterno in associazione mafiosa), che si sarebbe fatto carico di creare una connessione con Forza Italia e con il suo amico Silvio Berlusconi.

La svolta infatti avvene all'inizio del 1993. Brusca ricorda che nei primi di gennaio 1993 il capo di Cosa nostra era preoccupato. Non temeva di essere ucciso, ma di finire in carcere. Il nervosismo lo si notava in tutte le riunioni, tanto da fargli deliberare altri omicidi "facili facili", come l'uccisione di magistrati senza tutela. Un modo per riscaldare la trattativa. La mattina del 15 gennaio 1993, mentre Riina e Biondino si stanno recando alla riunione durante la quale Totò ù curtu avrebbe voluto informare i suoi fedelissimi di ulteriori retroscena sui contatti con gli uomini delle istituzioni, il capo dei capi viene arrestato dai carabinieri.

Mancino, che in quelle settimane sta blindando la sua casa con porte e finestre antiproiettile, diventa un interlocutore inaffidabile per la mafia. Brusca si sofferma ancora sull'incontro tra Mancino e Borsellino pochi giorni prima che il magistrasso morisse ("per un capriccio di Riina", che voleva scaldare la trattativa) in via D'Amelio, incontro che Mancino continua a negare nonostante le tante testimonianze. Le rivelazioni del pentito Mutolo spingono la mafia ad accelerare la stragegia delle bombe: Milano, Roma, Firenze, l'attentato a Maurizio Costanzo. Il tritolo però non porta a grandi risultati.

Brusca ricorda che dopo l'arresto di Riina ha parlato con il latitante Matteo Messina Denaro e con il boss Giuseppe Graviano. Chiede se ci sono novità sullo stato della trattativa, ma entrambi dicono: "Siamo a mare", per indicare che non hanno nulla. E da qui che Brusca, Graviano e Bagarella iniziano a percorrere nuove strade per riattivare i contatti istituzionali. Il fallito attentato al plotone dei carabinieri del 31 ottobre 1993 allo stadio Olimpico rientrerebbe invece in una vendetta dei corleonesi contro Mori e De Donno accusati di aver "fatto il bidone".

Ma torniamo a Spatuzza: ai magistrati dice che la stagione delle bombe non ha portato a nulla di buono per Cosa nostra, tranne il fatto che "venne agganciato ", nella metà degli anni Novanta "il nuovo referente politico: Forza Italia e quindi Silvio Berlusconi". Anche Brusca conferma. E aggiunge: "Parlando con Leoluca Bagarella quando cercavamo di mandare segnali a Silvio Berlusconi che si accingeva a diventare presidente del Consiglio nel '94, gli mandammo a dire "Guardi che la sinistra o i servizi segreti sanno", non so se rendo l'idea...". Spiega sempre il pentito: "Cioè sanno quanto era successo già nel '92-93, le stragi di Borsellino e Falcone, il proiettile di artiglieria fatto trovare al Giardino di Boboli a Firenze, e gli attentati del '93". I mafiosi intendevano mandare un messaggio al "nuovo ceto politico", facendo capire che "Cosa nostra voleva continuare a trattare".

Perché proprio Forza Italia? Perché "c'erano pezzi delle vecchie democrazie cristiane, del partito socialista e tutti i pezzi politici un po' conservatori cioè sempre contro la sinistra per mentalità nostra. Quindi volevamo dare un'arma ai nuovi "presunti alleati politici", per poi noi trarne un vantaggio, un beneficio". Le procure stanno già valutando queste dichiarazioni per decidere se riaprire o meno il procedimento contro Silvio Berlusconi e Marcello Dell'Utri, archiviato nel 1998. Adesso ci sono nuovi verbali che potrebbero rimettere tutto in discussione e riscrivere la storia recente del nostro Paese."

Nessun commento: