lunedì 9 febbraio 2009

Lo scontro generazionale e il classicismo nell'antica Grecia (lezione V)












Su quanto segue andrò avanti mio malgrado, a grandi linee. Purtroppo non mi è possibile approfondire più di tanto per la scarsità di materiale specifico a disposizione. Mi scuso per il ritardo, ma quando ho provato a stendere due righe mi sono accorto che l'argomento è articolato e si espande su temi per me ancora oscuri che riesco ad affrontare solo parzialmente. Però, questo è un post non un saggio. E andiamo avanti così.

Non è possibile ridurre alla sola contesa tra vecchi e giovani l'affiorare di eventi che scuotono un'epoca e pongono le basi per una nuova e migliore.
Tuttavia, penso che solo riguardo al '68 più di ogni altro, sia strettamente legato lo scontro generazionale come causa fondante.
Premetto che il ricambio generazionale funge sempre da substrato sul quale attecchiscono e s'inalberano le variabili che influenzano la successione degli eventi.

Per intenderci meglio e dare l'idea di come si articola la mia riflessione - e gli storici dovrebbero usarla come esempio (scusate la modestia) - porterò come modello il periodo classico ateniese.
Gli storici non si fanno domande e non propongono riflessioni personali. Come dei giornalisti espongono i fatti per come sono. D’altronde la storiografia -lo studio della storia sotto il profilo filosofico- è materia abbastanza recente. Loro si occupano del come e del quando, non si preoccupano minimamente del perché un fatto sia accaduto in un dato momento e in quella maniera.
La Storia non la sappiamo scrivere: lasciamo il lettore solo e in balia del caos delle vicende umane.

Com’è possibile che un'ascesa così vertiginosa -che fu quella ateniese- si concluse in un periodo breve e repentino?
Com'è potuto avvenire un fiorire così prepotente della civiltà greca nelle arti, la politica, il commercio e quel conferire definitivo alla ragione umana come capace di ricercare la Verità liberà da concezioni effimere?
Perché Atene, in un dato momento, ha elevato la Coscienza dell'uomo ad altezze mai raggiunte prima d'allora, producendo una cultura gloriosa che ancora oggi ci richiamiamo gelosamente, per poi eclissarsi progressivamente?
La domanda è così pressante che gli storici sono stati costretti ad "azzardare" l'ipotesi, guarda caso, di un cambio generazionale infelice.

In breve: le generazioni nate nel 500/530 a.C. combatterono le famose battaglie di Maratona e Salamina del 490/80 a.C. assicurandosi la libertà pressoché definitiva nei confronti del mastodontico impero Persiano. Gli storici affermano: "La loro vittoria diede ai greci la fiducia nel loro destino: resistere per tre secoli durante i quali nacque la cultura occidentale".
In realtà, il periodo aureo durò appena un secolo se consideriamo la città Stato Atene come principale artefice della nostra cultura. Sarà per forza d'inerzia, ma i secoli a venire videro come protagonisti spartani e macedoni anch'essi facenti parte della "grecità", ma non raggiunsero mai i livelli del classicismo attico.
A questo punto dovrei spiegare cosa s'intende per "classico"…proviamo. Il concetto di "classico" è prettamente occidentale ed è nato proprio dallo studio dell'epoca greco-romana. Tutti i periodi, come ogni popolo, hanno il loro ambito culturale che per via dell'altissimo livello raggiunto è preso come riferimento dai posteri e va sotto il nome di “classico”. Il classicismo dei romani è nel diritto e le tecniche militari, nel medioevo è la teologia, oggi è nella tecnica, gli egiziani con le grandi piramidi, ecc., ma il più alto grado di classicismo lo si raggiunge quanto più alto è il numero delle discipline che, giunte all’eccellenza, s'impongono come esempio da seguire e imitare. Più vasto è il ventaglio delle materie interessate -le arti, le scienze- più alto è il livello, l'optimum raggiunto da un popolo in un dato periodo.

Il merito della magnifica ascesa viene dato alle generazioni dei combattenti di Maratona mentre la discesa, fino al cambio di leadership con Sparta dopo la guerra peloponnesiaca (431/404), viene imputata alle generazioni nate a partire dal 456 a.C.
Gli uomini che costruirono il Partenone, della democrazia, le arti, il teatro, la filosofia, ecc. questi che lottarono per la libertà abdicarono ad una generazione nata nell'abbondanza. I giovani consideravano l'opulenza conquistata dai padri come un qualcosa di dovuto. Ormai tutto si reggeva sul lavoro degli schiavi ed ognuno era in preda all'avidità di guadagno e potere e vedeva nello Stato sempre più un mezzo per arricchirsi piuttosto che un servizio da svolgere per il bene della collettività.


Certo che è una spiegazione plausibile, ma vogliamo ridurre un fatto così maestoso come l'epoca classica ateniese ad un infelice passaggio di consegne fra nonni e nipoti?
I dilemmi si formano quando non si hanno informazioni sufficienti o non si valuta il problema dalla giusta prospettiva.
In questi casi uso dilatare la lente d'ingrandimento; cerco di avere una visione d'insieme del fenomeno guardandolo dall'alto per raccogliere uno spettro visivo più ampio possibile. Senza soffermarmi sul particolare cerco di cogliere l'universale.
Con le battaglie di Maratona e Salamina tutta l'ellade - che comprendeva sia Sparta con la lega "terrestre" peloponnesiaca, che Atene con la lega "marittima" Attica - assurse a consapevolezza che i greci non potevano essere conquistatati dal potente impero persiano. Tale evento portò, come ho detto, una sorta di rassicurazione collettiva che pose le basi ferme per una fioritura culturale già latente in quei popoli.
Dunque, abbiamo una generazione di combattenti che producono il primo periodo classico ateniese dopo essersi liberati definitivamente dall'orrore di essere conquistati e schiavizzati dal fortissimo e barbaro impero persiano. Ciò non basta a spiegare il fenomeno della più grande espressione di civiltà antica. Significa che mancano altri dati. Infatti, in ogni epoca si sono spesso avute situazioni simili a quelle ateniesi: una sostanziale sicurezza militare che la zona in cui si vive non può essere assoggettata da nessun nemico. La stessa Persia si trovava in quelle grazie. Chi avrebbe mai pensato allora di conquistare l'impero persiano? Eppure, nonostante una situazione priva di orrori imminenti come era la Persia, essa non sviluppò un analogo classicismo come quello ateniese.



Se dilatiamo ancor di più la lente d'ingrandimento risulta che: la grecità fiorì e appassì progressivamente nell'arco di un periodo delimitato tra due consapevolezze in antitesi fra loro. Da un lato, come ho detto, il confronto con l'impero persiano fu vinto definitivamente e posto come certezza incontrovertibile di libertà dopo il 480 a.C.


Apro una parentesi importante a questo proposito. Il momento preciso che sancì tale indipendenza verso qualsiasi minaccia esterna fu nella battaglia delle Termopili dove parteciparono in varia misura tutte le città Stato elleniche.
Il passo delle Termopili era un punto strategico. Nella conformazione fisica del territorio della penisola greca era l'unico punto d'accesso alla penisola per via terrestre. Altrimenti si doveva optare con battaglie navali, attaccando le città dal largo e in quel campo gli ateniesi erano maestri a scapito dei "terrestri" persiani.
In quel luogo, per quanto mi risulta, un esercito di piccole dimensioni come quello greco, poteva benissimo affrontare agevolmente uno grande come quello persiano perchè in quel posto c'era una gola che si restringeva ad imbuto. Il solo passo da superare se si voleva invadere la penisola. I greci potevano affrontare numerosi uomini ad armi pari perchè costretti ad entrare a contatto in spazi stretti senza rischiare di essere accerchiati.

Ecco, il fattore geologico non è mai preso in considerazione! Si crede a torto che l'uomo sia artefice del proprio destino, indipendentemente da influenze esterne e che, qualora ci fossero, noi possiamo benissimo superarle, addomesticarle, evitarle grazie ai nostri superpoteri. In realtà non è così. I conti non tornano proprio perchè non si tiene presente la sinergia con gli altri simili, l'ambiente esterno, i sentimenti. Noi ci plasmiamo e trasformiamo in quell'unicum che è il mondo nella sua totalità.
Se la geografia della penisola ellenica avrebbe offerto ai persiani un luogo più vasto per il proprio esercito, certamente il classicismo greco non sarebbe avvenuto o, quantomeno, sarebbe risultato di diversa portata e natura o, nella peggiore ipotesi, si sarebbe "rimandata l'esprimibilità umana" ad epoche e popoli successivi e più fortunati.

Un altro esempio di "influenza geologica" nelle vicende umane potrebbe essere l'eruzione del Vesuvio che distrusse Pompei nel '79 d.C. Possiamo ammettere che fu quell'evento vulcanico ad accelerare l'affermarsi del cristianesimo nell'impero romano? Senza quella catastrofe geologica probabilmente il cristianesimo ci avrebbe messo più tempo a radicarsi e forse non sarebbe quello che è oggi.
Che dire del Rinascimento? La scoperta del nuovo mondo o meglio, la consapevolezza della presenza di altre terre ancor prima della loro scoperta, scoperchiò il tappo medioevale dal vulcano esplosivo che covava da secoli nella pancia dell'Europa.


Di contro affiorò - intorno al 456 a.C. per poi precipitare progressivamente fino alla guerra peloponnesiaca (431 a.C.) - la consapevolezza che la Lega Attica, fatta da tutte le città Stato sotto l'influenza ateniese, non poteva espandersi più di tanto.
Atene arrivò ad avere sotto la propria guida l'intero Mediterraneo. Quasi ogni porto che si affacciava sul mare era sotto l'influenza della città di Pericle. Questo dell'espansionismo è per me un fenomeno ancora poco chiaro. Cosa spinge i popoli ad "allargarsi" geograficamente o ad imporre usi e costumi propri fuori dai propri confini?
Un periodo di circa un secolo costituì la culla ideale per uno sviluppo vertiginoso dell'Uomo occidentale.


Il collasso (e per collasso intendo l’inizio della parabola discendente del classicismo greco) si deve imputare sicuramente al fatto che era negata la cittadinanza ateniese agli stranieri e alle altre città della Lega. Una cosa impensabile allora - lo è ancora oggi con l'Europa unita economicamente ma non politicamente-. Infatti, la Lega Attica altro non era che un'alleanza strettamente commerciale. La clausola del soccorso militare reciproco era connessa alla difesa delle rotte commerciali non tanto alla protezione di cittadini estranei. L'allargamento della cittadinanza era una cosa inconcepibile, eppure fu presa in considerazione se pur in modo remoto (qui ci vorrebbe il classico numeretto con la fonte... fidatevi).
Le città stato di allora conservavano una fortissima identità propria. Era in uso schiavizzare lo stato sconfitto in guerra. Al loro interno le società erano governate da famiglie rivali che a loro volta avevano una identità precisa che si contrapponeva alle altre famiglie. Il pericolo di egemonizzazione di questo o quello Stato o di questa o quella famiglia era così sentito che chiunque era al potere e si distingueva troppo per fascino e persuasione veniva esiliato per qualche tempo non appena diventava troppo influente per paura dell'istituzione di una tirannide molto diffusa allora. Oggi, tale eccentricità dittatoriale non viene più sentita dalle masse nonostante il fascismo, dunque Berlusoconi può dormire sonni tranquilli.
Il bisogno di democrazia nasceva proprio dal suo contrario(?), cioè la facilità di ritrovare al potere tiranni sanguinari? L'organizzazione politica di Sparta è un altro tipo di risposta all'orrore verso le sopraffazioni tipiche di quei tempi? Il problema dell'interpretazione storica sta nel fatto di non riuscire a immedesimarsi, concepire appieno lo spirito di un'epoca. Per avere la giusta idea, entrare nell’ottica delle realtà passate, ci si dovrebbe chiedere: come pensava il bambino persiano? A cosa ambiva? Come considerava se stesso e gli altri? Come si rapportava col mondo? Per poi confrontarlo con la nostra visione del mondo.
Oggi per noi una persona è “un'anima”, un povero cristo, un essere sacro. Allora invece, il valore di una persona era relativo alla condizione sociale e parentali. Per cui, in molti contesti, uccidere un uomo aveva lo stesso significato che uccidere un animale. Non possiamo immaginare di immedesimarci appieno nelle conseguenze che tali concezioni determinavano nella vita quotidiana degli individui di allora. La storia sarà sempre avvolta nel mistero se non riusciremo a raffigurarci i sentimenti di uomini in tempi remoti o in luoghi lontani.


Atene però, fu una finestra nel tempo, una sospensione, un lampo di luce moderna e universale nel sottobosco della historia umana. Ad Atene l'uomo libero aveva la sua dignità, così come l' avevano le donne e in varia misura anche gli schiavi.
Ad un certo punto, la piccola democrazia ateniese collassò sotto il suo stesso peso, come il fiore di un giorno sull'albero della Historia. L'egemonia "democratica" nel Mediterraneo durò pochi anni ma prolifici. Forse la grecità "classica" non si esaurì nei secoli successivi, ma mutò rimodulandosi in forme più attinenti a quelle epoche. Fu una involuzione se vogliamo, oppure fu un mutamento. Con le conquiste militari di Alessandro Magno, la grecità s'infuse nel mondo di allora mescolandosi con le civiltà che i greci incontravano nel loro cammino. Non scordiamoci che Alessandro Magno fu allievo di Aristotele, la figura che più di tutti riassume la grecità.

Fino adesso ho definito grossolanamente i contorni di un periodo propizio per il progresso umano. Un arco di tempo ben circoscritto, un culmine, dove avvenne qualcosa di magico. Però manca qualcosa, il fattore dirompente, il quid, quella scintilla che scoppiata nel momento giusto e nel posto giusto ha dato vita al pensiero occidentale.
La verità è quasi sempre dinanzi agli occhi ma spesso non riusciamo o non vogliamo vederla. E arriviamo al dunque: non è forse vero che il commercio marittimo raggiunse il suo apice proprio con i greci? Furono i Fenici ad introdurre il commercio nel Mediterraneo, ma furono i greci a svilupparlo in tutte le sue potenzialità, ad acquisirlo, introitarlo e ad assurgere a coscienza della sua importanza.
Fino allora il commercio avveniva con carovane di animali o via fiume. Solo con Atene si poté trasportare dai luoghi più lontani ogni tipo di merce e, cosa assolutamente nuova, si praticò l’import-export di grandi quantità di generi di ogni tipo molto più velocemente e con l'impiego di pochi uomini. Non era una cosa da poco: fu una rivoluzione. Ad Atene c'erano prodotti commerciali e persone provenienti da ogni angolo del mondo. C'era un gran fermento di genti e di cose che trovavano il loro vertice di profusione proprio ad Atene.


Avanzo una considerazione sommaria ma che rende l'idea. Per me ci sono state 3 grandi rivoluzioni nella storia dell'uomo: la scoperta dell'agricoltura, la rivoluzione commerciale marittima e la rivoluzione industriale moderna. In concomitanza di ogni rivoluzione si riscontra puntualmente uno straordinario fiorire culturale che noi definiamo classicismo. Il minimo comune denominatore di queste epoche fertili sta in un sentimento ben definito: la rassicurazione. L'uomo è un essere che va rassicurato. Sapere che il porto sotto casa è sempre pieno di generi alimentari d’ogni tipo, è molto rassicurante. Sapere che se il raccolto andrà male nelle proprie terre o in quelle ad ovest e che si può contare sulle merci che arrivano da est, è molto rassicurante. Ancora nell'800 i contadini erano legati ai loro raccolti stagionali, se andavano male significava la fame. Ci sono due sentimenti contrastanti che inducono le gesta e il relativo formarsi degli eventi: da un lato è sempre latente il sentimento della paura della morte, l’horribilis, e dall'altro vi è sempre la ricerca spasmodica di superare, stabilizzare con azioni rassicurative che pongono l'animo propenso a compiersi nelle sue prerogative più nobili.
Spiegherò, forse, nel dettaglio questi temi del comportamento umano nelle lezioni successive, quando proporrò le riflessioni su "i bisogni essenziali dell'uomo".
È che dire del superamento dell'orizzonte? Per la prima volta l’uomo acquisisce fiducia in se stesso perché l’orizzonte, “l’ignoto”, non fa più paura. Le innumerevoli isole dell’Egeo hanno profuso “fiducia”, aldilà della linea dell’infinito c’è un'altra terra e un approdo dove ripararsi. Finalmente come non mai, gli uomini possono contare sulle proprie capacità mortali per superare le avversità del mare e della vita contando solo su se stessi e sulla propria ragione. Non è forse vero che la presenza dell’acqua e del mare hanno favorito lo sviluppo delle civiltà più grandi? Non è forse vero che i popoli che abitano vicino al mare sono più perspicaci rispetto a chi viene dall’entroterra o dai monti?
Il carattere intraprendente, intrepido tipico della filosofia occidentale che ci rende più dinamici rispetto alle altre culture del mondo, lo si deve proprio grazie al Mediterraneo, un mare chiuso, piccolo e grande che ci ha plasmati indomiti e arditi consegnandoci all'odissea della vita.


Applicando il mio punto di vista si evince che il successo di un popolo (e vale anche per i singoli individui) scaturisce all'appurare di certezze incontrovertibili che non minacciano la sopravvivenza. Per lo sviluppo occorre rassicurazione. Le condizioni ideali di pace per permettere un sereno espletamento di tutto il ventaglio di bisogni primari dell'uomo inteso come homo antropologico, non scisso dal resto della natura. Si parte da un punto fermo, Atene non aveva nemici che potessero sottometterla. un punto di rassicurazione fondamentale che lenisce la paura. La paura è un sentimento sempre in agguato ed è causa di incertezza, di aggressività, che preclude l'espletamento delle attitudini più nobili dell'uomo.

Se siamo andati avanti considerando l'uomo un essere a se stante, grazie anche alla cultura greca, dobbiamo ora riconsiderarci incorporando anche il fattore ambientale come concausa nella formazione della storia.
Non possiamo negare che come enti siamo energia perchè qualunque sia la nostra decisione equivale ad una scelta, ad un movimento, ad una azione. Ci sono le azioni indotte, azioni prodotte e azioni concomitanti, ma questa è un'altra storia.

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