giovedì 20 marzo 2008

Da "Il bene comune" di Noam Chomsky

Radio e TV pubbliche sono sempre state aziende estremamente marginali. Come spiegò Bob McChesney, negli anni venti e trenta ebbe luogo un aspro dibattito per decidere se la radio dovesse essere a disposizione del ppubblico o gestita dal potere rivato. Lei sa bene chi la spuntò alla fine. Quando arrivò la televisione non ci fu nemmeno un dibattito, fu direttamente consegnata al business.
E in entrambi i casi tutto ciò fu fatto in nome della democrazia! Questo la dice lunga sulla strana cultura intellettuale che vige in questo paese. Togliamo i media dalle mani del pubblico, li passiamo alle tirannie private e questa la chiamiamo democrazia.
Con il passare del tempo, questo atteggiamento si è consolidato. Il Telecommunications Act (Legge sulle telecomunicazioni) del 1996 è stata la più grossa svendita di attività pubbliche nella storia. Non furono richiesti nemmeno degli anticipi.
McChesney sottolinea anche l'importante e interessante questione di come l'argomento non fu trattato alla stregua di un problema sociale o politico, ne leggevi sulle pagine economiche dei quotidiani, non in prima pagina. Il problema "se" avremmo dovuto svendere quelle risorse pubbliche ai privati non fu posto in discussione, ma soltanto "come" avremmo dovuto svenderle. Qella rappresentò un'enorme vittoria della propaganda.
[...] McChesney osserva inoltre che la maggior parte delle innovazioni nel settore delle comunicazioni ha avuto luogo nella radio e nelle televisioni pubbliche. Le radio FM rimasero pubbliche finché non non cominciarono a fare soldi, da quel momento in poi passarono ai privati.
Oggi l'ennesimo e drammatico esempio è rappresentato da Internet: è progettato, sovvenzionato e gestito nel settore pubblico, ma non appena dimostra una potenziale redditività, passa nelle mani delle megacorporation.

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